Avvicinarsi ai grandi Barbaresco partendo da una certezza sempre più solida: il Pajorè 2008 Rizzi

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Quando scelgo un vino il parametro fondamentale è che piaccia a me. Il secondo step è che abbia un prezzo giustificabile. Il terzo è che possa magari piacere anche a chi lo compra perché ci ritrova quel che ci vedo io. Scegliere un vino non è un atto democratico, per fortuna. Sono io a decidere cosa ritengo abbia senso proporre e cosa no, cosa restituisca dignitosamente il territorio e la cultura che porta con sé e cosa no. Dopo tutta questa fattica intellettuale, morale, estetica e sociale, devo infine convenire che quello di enotecario è proprio un bel lavoro :-).

Premesso questo, ho accolto ieri con piacere le note di degustazione di Lizzie, un’amica di Doyouwine che ha appena fatto una bella scorta di nebbioli. Su consiglio, ha iniziato l’assaggio col Pajorè 2008 di Rizzi, un bellissimo vino al di sotto dei 30 euro. Ecco i suoi appunti di degustazione. Sono volutamente stesi come fosse una pseudo scheda ais ma senza voto, metodica e diligente.

Appena aperto al naso c’è una certa ritrosia. Poi lentamente si apre e ricorda certi pinot nero. Rosso granato, bordi leggermente mattonati. Il movimento nel bicchiere è omogeneo e da come gira è indice di un corpo abbastanza importante. Gli archetti me lo confermano, sono omogenei, fitti e scendono lentamente sembrano quasi aggrapparsi alle pareti del vetro.
Speziatura, tabacco, chiodi di garofano, liquerizia, nota alcolica come una leggera sfumatura, viola, fragoline, rose rosse macerate per fare un profumo (mi ricordano i miei esperimenti da piccola), una virgola di ginger sul finale.
Fresco, sapido, bella salivazione che incentiva la beva. Acidità che mi ricorda quella senzazione mentolata di quando d’estate ci si mangia un ghiacciolo alla menta. Tannino sottile che pulisce il palato. Non è lunghissimo, chiude bene e rimane sulla punta della lingua la speziatura.

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