Perché il Greco di Tufo Miniere 2015 Dell'Angelo rientra nel capitolo dei grandissimi vini bianchi italiani

L'ultimo giorno del Vinitaly da ormai qualche anno e per qualche insondabile motivo lo passo in Irpinia con poche tappe mirate su assaggi consolidati di produttori che rappresentano al meglio il talento inestimabile di uno spicchio di Campania che potrebbe aspirare alla ribalta internazionale.

Quest'anno è andata peggio del previsto perché una volta arrivato al banchetto Dell'Angelo, e una volta versato nel bicchiere Miniere 2015, l'ultima release del Greco di Tufo di Angelo Muto, ho tirato un sospiro di sollievo, mi sono rilassato e non ho pensato più a niente e nessuno, come di fronte a una icona sacra o ad un quadro. Una sorta di Sindrome di Stendhal: "affezione psicosomatica che provoca tachicardia, capogiro, vertigini, confusione e allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d'arte di straordinaria bellezza, specialmente se esse sono compresse in spazi limitati."

Miniere 2015, così ribattezzato (a ragione!) dallo scorso anno ma in corso d'opera, è Greco di Tufo di livello stellare, dalla personalità debordante, di una integrità coinvolgente e con un carattere spiazzante come un doppio passo del Luis Nazario da Lima in arte Ronaldo dei tempi d'oro: caschi per terra e non ti capaciti.

Miniere è zolfo e agrumi, uno schiaffo e non una chiarezza quindi ci vogliono scorza e grinta per tenergli testa e seguirne il racconto.

Naturalezza espressiva ai massimi livelli, vinificazione tenuta a bada da quel golden boy irpino che è Luigi Sarno, brother in arms del buon Angelone. Molto bello il quadretto dipinto dall'amica Sara Boriosi su Intravino:

Il maschio alfa esiste, si chiama Angelo Muto e vive a Tufo. Ha lo sguardo gentile e le mani grandi e forti, la presa sicura, la risata aperta e un’attitudine alla guida di fuoristrada in terreni fortemente scoscesi come solo i fratelli Duke con la loro Generale Lee sapevano fare. Solo che io non sono Daisy Duke, e il viaggio lungo le vigne scoscese me lo sono goduta sul passaruota posteriore destro: una gioia per i miei lombi. Il maschio alfa Angelo Muto conserva con orgoglio un secchio di acqua del pozzo per far vedere agli ospiti la viscosità dovuta alle presenza di zolfo, propria di Tufo. Siccome è generoso e attento, vede che la mia pelle comincia a risentire della forza di gravità e mi invita a umettare il viso con quell’acqua. Poi, con il passo del bersagliere percorre una delle sue vigne – forse la più scoscesa – con la sicurezza di uno stambecco, mentre noi persone normodotate e dalla mobilità incerta arranchiamo con la lingua penzoloni lungo lo stesso percorso.

Il maschio Angelo Muto conosce la sua terra con la precisione di un nativo americano di certi film western (maschio alfa di altri continenti) e ne descrive con dovizia di particolari le caratteristiche geologiche che gli permettono di produrre un Greco di Tufo sui generis, che esprime esattamente tutto il bendiddio che quella terra così stratificata e ricca può dare.

Per la consacrazione definitiva di un vino che amo alla follia mi bastano poi le parole di Paolo De Cristofaro, reale autorità quando si tratta di Campania. 

Sì, è “il” Greco dell’annata per quanto mi riguarda. Rispetto ai primi test autunnali è sbocciato in profondità aromatica, aggiungendo richiami di terra, infiorescenze e pollini, al granitico nucleo di zolfo e scogli. Identico discorso per la bocca: è sempre la qualità salina a fare la differenza, ma il sorso inizia a distendersi, rendendolo ancora più corroborante. Prezzo non comunicato.

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