Aggredire l’estate è tirar fuori dal frigo la Barbera Pelisa di Monchiero Carbone al momento giusto

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Non so voi ma in questi giorni è tutta una rincorsa al frigo più vicino per bere a qualsiasi ora del giorno e della notte. Senza contare, poi, di quando mi avventuro in sport più estremi del salire le scale di casa, tipo prendere a calci la mia Bianchi in salita trascinando la tartaruga che mi dorme in grembo: sudo modello fontana di Trevi e reintegro modello scaricatore di porto. Alcuni momenti della vita fanno più rima con birra fredda che con asfalto liquefatto. Imparata la lezione, ne segue una ben più rilevante per le umane sorti: il vino rosso d’estate va servito bello fresco, a temperatura seriamente inferiore a quella che si sceglierebbe d’inverno. Sono conscio che “fresco” non sia un’indicazione matematicamente ineccepibile quindi partiamo con l’esempio: Barbara d’Alba 2010 Pelisa, Monchiero Carbone (ora abbiamo in listino la 2011 ma vale lo stesso discorso).

Rubizza come si conviene, al naso è vegetale di prato dopo la pioggia, poi arrivano marasca, vinacce macerate, cenni di terra e haribo; frutto integro e nitido, fragrante, l’odore è immediato e pulito, invitante e dichiaratamente su toni dolci senza eccessi. All’assaggio, l’attacco della lingua è succoso e non rigido, il sorso facile; dovessi scommettere in 1-2g/l di dolcezza residua lo farei anche perché non disturba e il finale rinfrescante pulisce la cavità e appaga.

Vino semplice di esecuzione impeccabile, presidia il palato con dinamicità. Quanto al servizio, mi sembra versatile e ottimo tirato fuori dal frigo a 12/14 gradi, fresco e vibrante, estivo. Perché diciamolo: d’estate bere qualsiasi vino rosso a “temperatura ambiente” è suicidio sistematico del bevitore e omicidio del vino rosso, che tira fuori note calde di alcol e dolci di marmellata che stufano al primo sorso. Meglio una bottiglia bella rugiadosa, che parte aggressiva, esplicitamente fredda per papille poco avvezze alla sperimentazione ma rapida a scaldarsi nel bicchiere per godere tutta l’escursione. Quello dei rossi troppo caldi col caldo è solo il vizio di un’abitudine dura a morire. Facciamo che sia definitivamente morta, ok?

NB: ristoranti, sale da pranzo e ambienti di assaggio perfettamente cimatizzati, senza percettibile escursione stagionale, sono evidentemente esclusi da questo discorso. 

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