Il primo Barolo venduto sul nuovo store di Doyouwine non si scorda mai. Dei Cappellano di Serralunga d’Alba abbiamo già parlato (il loro Barolo Chinato è memorabile) ma un vecchio Barolo trovato alla Bottega del vino di Verona durante il Vinitaly 2012 bevuto ha riportato quel nome e la sua storia alla mente. Correva l’anno 1974 e all’epoca la Cappellano aveva anche, tra le altre, la prestigiosa vigna Rionda, come pure il Cucco, Marenga e Lazzarito. Il Barolo di quell’annata su toni aranciati e vivi ha offerto un naso autunnale intrigante, ancora godibile. In bocca il vino aveva toni ossidativi calibrati e una durezza ancora violenta. Il tannino di quel nebbiolo dalla collina Rionda ha segnato il passo del vino nel suo cuore ispido e irruento. Prevedibilmente non si ammorbidirà mai ricordando che è nato Barolo e Barolo morirà, senza nessuna “convergenza”: invecchiando, molti vini si somigliano più che in giovinezza. Questo non lo farà e morirà urlando Serralunga. Dolore per le papille ma gioia della mente.
Il fu Teobaldo Cappellano non lasciava appunti di vigna e cantina, anarchico anche in questo. Da bravo ingegnere, il figlio Augusto segna tutto e parleremo dei suoi vini solo a partire dal millesimo 2009. Oggi, la famiglia Cappellano possiede oggi circa 3 ettari nel vigneto Gabutti a Serralunga, dove alleva dolcetto, barbera e nebbiolo. Il Barolo 2006 Pié Rupestris (l’azienda produce anche 2.000 bottiglie da vigne a piede franco di cui aspettiamo l’annata 2007) è un vino che tiene molto alto l’orgoglio della tradizione barolista. Per raccontarlo, prendo a prestito le magnifiche parole usate sul numero 36 della rivista Porthos (che purtroppo chiuderà col numero 37), diretta da un grande maestro del vino come Sandro Sangiorgi. L’ho amata, a volte criticata, sempre rispettata per orgoglio indipendente e coerenza. Oltre al vino in sé, il testo che segue trasmette sensibilità, competenza e capacità di ascolto del team di assaggiatori. Uno dei modi per me più felici di far parlare un vino.
Piè Rupestris – Nebioli 2006
Granato limpido, appena maturo.
Il profumo è talmente chiuso da non far intuire neanche la potente alcolicità del vino; a far capolino, solo dopo qualche minuto, è la rinfrescante vena balsamica che si affianca alla sensazione di frutto acerbo; quando ormai abbiamo perso la speranza di cogliere qualche altro spunto, ecco, quasi a tradimento, l’avvolgente ricordo del mare.
Il tannino mordente e doloroso stringe d’assedio la lingua minacciando di superarne il perimetro e comprometterne la sensibilità, per fortuna il liquido ha una tale ricchezza di estratti da allargarsi e sprofondare tra le papille tattili; non fa difetto l’acidità che restituisce intatta la crudezza dei piccoli frutti rossi e lancia il sapore verso un finale eclatante.
+ Sapido e sfaccettato, è un Barolo concreto e umorale, ha i "limiti" della giovinezza e per questo va lasciato in pace senza pretendere il verbo rivelato; è il primo Rupestris a non soffrire l'incidenza del rovere che, anzi, serve per cadenzare meglio lo sviluppo e farlo apparire meno "freddo".
Quello degli stili di racconto del vino è un tema appassionante. La via porthosiana ci piace molto. Il Barolo 2006 Cappellano è una delizia.
Bevute due bottiglie ieri sera. Una delizia. Lo vedo bene per l’invecchiamento, ovvio, ma già bevibilissimo fin da ora…tocca ricomprarlo 😉
bella ale, ispirato come l’annata 2006 dei cappellano che ha prodotto due barolo capolavoro. in tutti gli assaggi fatti hanno sempre confermato entrambi una statura superiore.
il 74 poi è stato un colpo al cuore, un assaggio da ricordare e raccontare. tutto merito di cecilia!
… io direi tutto merito di Federico 😉
Però è stato un piacere condividerlo con cotanta compagnia.